venerdì 25 novembre 2011

Open letter to a friend

Mio caro amico,
ti scrivo nella mia lingua, che tu non conosci, perchè non muoio dalla voglia di dimostrarti che hai incommensurabilmente torto su un paio di cose.
Potrei anche provarci, a spiegarti, ma tu, come molte persone che si sentono intelligenti, hai più voglia di cercare conferme che hai ragione, che di mettere in dubbio la tua opinione. Sicchè ti scrivo su di un blog di cui ignori l'esistenza e in una lingua che non comprendi.
Il tuo caso è esemplare perchè, nonostante io non conosca le ragioni delle tue convinzioni, esse portano inconfutabilmente a un unico risultato: non vivere.
Può darsi, lo ammetto, che il tuo atteggiamento sia razionalmente corretto (rifugge parecchie obiezioni, dal punto di vista logico) ma non regge il confronto con una argomentazione di tipo sentimentale.

Mio caro amico,
tu hai detto che questo periodo di vita all'estero, essendo temporaneo, non giustifica un abbandono emotivo da parte di coloro i quali ne sono i protagonisti: noi. Perdonami l'arroganza con la quale avanzo la mia confutazione, ma trovo che sciocchezza più grande tu non la potessi proferire.
E' vero, siamo amici temporanei, siamo anzi solo conoscenti che per puro caso condividono per qualche mese un ambiente, qualche persona e certe attività.
Il punto è che, per quanto ci si possa sforzare di concepire la situazione da un punto di vista meramente logico, c'è molto di più qui che un semplice ambiente, semplici persone e semplici attività.
Quel qualcosa in più siamo noi, siamo noi che mettiamo in gioco noi stessi ogni giorno, cercando di guardare avanti e al contempo tentando di ignorare la data di scadenza che si profila all'orizzonte.
Non "lasciarsi andare" (espressione che odio) è inconcepibile, per una come me che è venuta qui appunto per VIVERE, per riscoprire che l'esistenza è molto più che semplice routine.
E' vero, tu puoi dire "a me la routine piace" oppure "io apprezzo lo stile di vita che conduco a casa". Molto bene. Allora perchè diamine hai deciso di venire qui?
Per quale dannato motivo una persona dovrebbe decire di andarsene da casa propria per poi vivere in mezzo a persone alle quali non si vuole legare perchè sa che tutto sta per finire?
Tu hai detto: "serve molto più tempo per diventare amici".
Non è vero. Tutto sta nell'intensità del rapporto, nella cura che si dedica a coltivarlo, nelle vicendevoli attenzioni, nelle parole che ci si scambia, nella comprensione che si tenta di avere l'uno dell'altro.
Può non durare per sempre.
Ma è ciò sufficiente per decretare che non ne vale la pena?

Mio caro amico,
voglio essere la nota stonata della tua perfetta sinfonia di noncuranza.
E voglio essere la macchia di colore del tuo progetto in bianco e nero.
Puoi pensarla come vuoi, ma non potevo starmene zitta, a modo mio dovevo reagire, anche se vigliaccamente su questo blog.
Non troverò mai il coraggio di tradurre questo mio scritto in inglese, e men che meno sarò mai in grado di dirti tutto ciò a voce (per una pura questione di carenza lessicale). Ma quanto vorrei che tu rispondessi alle mie domande!
Io vorrei tanto sapere cosa ti frulla nella testa, le ragioni delle tue convinzioni.

E' inutile terminare augurandoti un felice proseguimento di avventura.

Spero che il tuo ritorno a casa sia felice come te lo aspetti.

Valentina

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